Questo delizioso Banda Larga aggiunge le suadenze di una grande orchestra da camera e un bel po’ di autori di gran classe, da Pacifico a Paolo Conte, da Kaballà a Bungaro, oltre ai ceselli degli arrangiamenti di Daniele Di Gregorio. Un gran bel disco per festeggiare degnamente i primi dieci anni di una carriera in continuo divenire.
Il samba col jazz e la canzone d'autore contemporanea: un bel disco davvero piacevole, i cui aromi già irradiano i profumi dell'estate.
Questo loro settimo album, registrato fra i quieti fiordi norvegesi, conferma tutto il bello e il buono dei loro precedenti lavori, ma ancora una volta è passato quasi inosservato e inascoltato dai più.
Dieci canzoni di classico rock d’autore: “indignate”, dolenti o ruggenti a seconda dei casi. Sonorità vintage che sostengono rime arrabbiate, ma che sanno anche aprirsi alla fiducia, alla tenerezza, e alla speranza che un nuovo umanesimo possa illuminare i vicoli e le depressioni di questo presente.
La band di Chris Martin è da anni il fiore all'occhiello del mainstream rock britannico e lo ribadisce con questo sesto album: nove nuove canzoni (più tre, nell'edizione deluxe) dove s'alternano atmosfere acustiche ed elettroniche, dove il pop s'incrocia col rock.
Questa quarta avventura in sala d’incisione conferma la vocazione pop del gruppo e una capacità di scrivere canzoni di presa immediata. Oscillando tra Londra e la natia Dublino, Danny O’Donoghue e i suoi due sodali hanno assemblato una dozzina di nuovi brani, molti dei quali sono dei singoli perfetti per funzionare in radio.
Damien l’irlandese è oggi più che mai quello che s’usa definire un cantautore “di culto”…
Questo energico Love Stuff sta imponendo l'autrice tra i personaggi più promettenti del nuovo rock femminile a stelle e strisce.
Grazie al tam-tam internautico il singolo New Americana è già un inno generazionale, ma anche le altre quindici tracce funzionano e svelano una caratura artistica destinata con ogni probabilità a insediarla nell’Olimpo della nuova scena statunitense.
Era arrivato per promuovere quello che di fatto è il suo primo vero album, questo suadente The 12th room, un album per solo pianoforte, di straordinaria semplicità e profondità. Ma ha fatto molto di più: ha dimostrato nel tempio della banalità che è possibile trasformare gli opportunismi della “tivù del dolore” nello splendore del “dolore trasceso in tivù”, dando alla locuzione “diversamente abile” un senso di verità assoluto e lontano anni luce dalle ipocrisie del politically correct.