UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Animatori: c’è luce in sala

Da Avvenire la testimonianza di Don Davide Milani e Don Adriano Bianchi: un profilo nuovo per chi si occupa di cinema e teatro in parrocchia.
24 Gennaio 2017

Si espandono le frontiere digitali della comunicazione. Il Web diventa sempre più anche per le sale della comunità lo strumento ideale per informare, condividere contenuti e organizzare incontri sul territorio delle diocesi. «Gli interessi culturali delle persone – spiega don Adriano Bianchi, presidente dell’Associazione cattolica esercenti cinema (Acec), da meno di un mese alla guida anche della Federazione italiana stampa cattolica (Fisc) – deve trovare una corrispondente proposta significativa nelle nostre sale della comunità.

Per questo la comunicazione digitale richiede da parte nostra un’attenzione sulla formazione delle persone che animano e lavorano nelle nostre realtà. Moltissime sale hanno risposto a questo bisogno comunicativo creando siti, pagine Facebook e profili Twitter. I nostri sono luoghi di proposta dove si intercetta una serie di persone che non sono immediatamente vicine al contesto ecclesiale. L’anima della sala della comunità è quella di essere una soglia, 'un complemento del tempio', come diceva San Giovanni Paolo II».

L’importanza di essere aggiornati sull’uso dei nuovi media digitali, social e app non nasce però «dalla preoccupazione di essere efficaci come istituzione o come parrocchia», sottolinea don Davide Milani, presidente dell’Ente dello Spettacolo e responsabile della comunicazione in diocesi di Milano.

«Quello che ci sta a cuore è rendere consapevoli adulti, educatori e ragazzi rispetto alla potenza, alle opportunità e ai rischi della comunicazione digitale. Ci sono infatti due fenomeni che nascono: il tecnicismo esagerato che porta ad affidarsi ai media digitali come unica soluzione a ogni problema, senza riflessione critica, senza applicare opportuni criteri di prudenza d’uso. Il secondo e opposto fenomeno è il tecnoscetticismo, tipico di chi non conosce gli strumenti e li critica. La scelta di una parrocchia, di una sala o di una comunità di non utilizzare i media digitali mina la comunicazione all’esterno e priva di un necessario contributo che la comunità cristiana può dare». «Le iniziative delle sale di comunità – aggiunge Bianchi – partono dalla musica, dal cinema e dal teatro per comunicare contenuti e riflessioni che rispondono ai bisogni culturali reali». Un esempio chiaro è «il cineforum che, prendendo spunto dall’esortazione apostolica Amoris laetitia, affronta le questioni legate alla famiglia. Supportate da una giusta comunicazione in tutti i canali digitali, le nostre proposte culturali possono raggiungere un pubblico vasto. Siamo chiamati a essere una piazza frequentata dalle persone che comunicano nelle reti sociali, così come occorre esserci nei luoghi digitali che le persone frequentano abitualmente ». «L’azione della diocesi di Milano per la formazione degli animatori – sottolinea Milani – è far crescere consapevolezza per insegnare a leggere e scrivere in digitale, non tanto per creare una tecno-abilità ma per diffondere una giusta alfabetizzazione digitale. La nostra prima domanda è: qual è l’obiettivo? La risposta, nella formazione alla comunicazione digitale è comunicare la bellezza di questa esperienza. Negli anni abbiamo lavorato per modellare la figura del responsabile parrocchiale della comunicazione, nel 2017 affronteremo casi concreti di comunicazione in parrocchia. Quello che ci interessa è 'alimentare il fuoco', acceso dai bisogni educativi e dalla conseguente comunicazione».

da Avvenire del 10 gennaio 2017, pag. 18