UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

A tu per tu
con Bardazzi

Una quarantina di direttori delle testate cattoliche si sono ritrovati a Roma per un momento di riflessione sul futuro e le nuove sfide dell'editoria. Ospite d'onore Marco Bardazzi, capo della comunicazione del Gruppo Eni, dopo aver lavorato all’Ansa – da New York – e a La Stampa come digital editor.
7 Luglio 2016

L’introduzione di don Ivan Maffeis

Affrontare insieme il tema della trasformazione in atto nel mondo della carta stampata e dell’informazione in generale per capire “come nel nostro tempo le nostre Chiese particolari siano chiamate a comunicare”. È questo, ha spiegato don Ivan Maffeis, direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali, l’obiettivo dell’incontro promosso questa mattina a Roma dal suddetto Ufficio e rivolto all’esecutivo della Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc) e a quanti operano nei settimanali diocesani. Oggi, di fronte alla trasformazione del mondo dell’informazione occorre “la volontà di lavorare insieme”, ha esordito don Maffeis presentando Marco Bardazzi, che dopo aver lavorato all’Ansa – per lunghi anni da New York – e, quindi, a La Stampa come digital editor, da febbraio dirige la comunicazione del Gruppo Eni. “Camminiamo sulle spalle di una lunga storia, raccontata con i caratteri dei nostri giornali – ha aggiunto -. Con le loro pagine sono stati capaci di farsi riconoscere come interlocutori professionali, affidabili e autorevoli. Giornali non da salotto, ma della gente, a cui vogliono arrivare, da cui vogliono farsi capire e con cui vogliono mantenersi in dialogo”. “Giornali scritti con l’inchiostro del mondo e del suo disordine”. “Come stare al passo dello sviluppo tecnologico della comunicazione – l’interrogativo posto dal direttore dell’Ufficio Cei – e mantenere tale autorevolezza anche nel nuovo ambiente mediale? Quale ruolo siamo chiamati ad assumere nella sfera pubblica in una stagione di disintermediazioni, all’interno di processi di cambiamento che coinvolgono le stesse modalità del cittadino di sentirsi parte della comunità di riferimento?”.

“Crediamo- ha proseguito don Ivan – che il valore di un’informazione libera e seria rimanga la trama principale da mettere continuamente a punto e riaffermare”. Decisiva, per Maffeis, rimane “la qualità del nostro modo di svolgere la professione nel presente, la capacità di offrire informazione onesta e originale, arricchita da chiavi di lettura che con lo sguardo dell’esperienza cristiana aiutino a interpretare quello che accade. Tutto questo è decisivo e, nel contempo, probabilmente non basta”. Queste testate sono impegnate in un radicale processo di trasformazione, “che a volte le rende barche di carta spazzate dalle onde della rete. Cambiano” e “non solo per problemi legati alle Poste, agli introiti pubblicitari e ai contributi governativi (che pur sono aspetti spinosi della questione). Cambiano perché sono cambiate le nostre giornate e la società in cui viviamo” e cambia “una cultura che, nella logica partecipativa, ai caratteri della verticalità, privilegia i tratti della orizzontalità e della flessibilità. Cambiano perché cambiano abitudini ed esigenze di lettura della nostra gente”. Per questo  all’edizione cartacea si sono affiancate altre piattaforme, “che non ne sono semplicemente la trasposizione in versione digitale” come Fb e Twitter. Un’informazione fatta di “testi essenziali e approfondimenti accurati, di foto, video, grafici, possibilità di interazione e di condivisione. È un contesto che ci interroga, rispetto al quale vogliamo condividere un percorso di riflessione e di confronto, che provi a mettere in luce la possibilità – l’opportunità – di alcuni passaggi concreti”.

“La nostra attenzione – ha affermato ancora il Direttore dell’Ufficio – va ai lettori, sapendo che esistiamo non soltanto per loro, ma anche grazie a loro. Sono i nostri proprietari, coloro che di fatto detengono la maggioranza delle azioni delle nostre testate. Cosa si aspettano da noi? Come riuscire a intercettarne di nuovi? Con quale proposta raggiungerli?”. Nel contempo, osserva don Maffeis, “il nostro sguardo abbraccia e coinvolge gli ‘addetti ai lavori’ – le nostre redazioni, gli editori, quindi le diocesi, molte delle quali alle prese con difficoltà economiche non secondarie –: con quale progetto possiamo rilanciare il significato e la forza di una presenza? Sono soltanto alcuni degli interrogativi che ci portiamo dentro un po’ tutti”. Di qui l’importanza di “individuare forme e contenuti con cui accompagnare questa stagione”. Da don Maffeis l’annuncio di un successivo incontro in autunno per “fornire qualche traccia di risposta, per quanto aperta e provvisoria, alla questione di fondo: come nel nostro tempo le nostre Chiese particolari siano chiamate a comunicare”.

L’intervento di Marco Bardazzi

Sei “C”. Sono le iniziali delle “parole chiave” affidate da Marco Bardazzi, già corrispondente Ansa a  New York e digital editor de La Stampa, oggi responsabile comunicazione del Gruppo Eni, ai direttori dei giornali della Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc) partecipanti all’incontro promosso a Roma dall’Ufficio comunicazioni sociali della Cei. Ad organizzare l’appuntamento il responsabile dell’Ufficio, don Ivan Maffeis, per un confronto sulle trasformazioni in atto nel mondo dell’informazione. La prima parola è, ovviamente, contenuti. La seconda è condivisione, perché, spiega Bardazzi, “l’informazione da broadcasting sta diventando sharing, condivisa. Per questo occorre lasciarsi sfidare da ciò che emerge da questo tipo di comunicazione”. Quindi contaminazione: “Il giornalista non può rimanere slegato da infografiche e video”. Di qui l’importanza che “giornalisti, videomaker, infografici lavorino insieme”. Creatività, altra parola utilizzata; e poi comunità perché “c’è bisogno di sempre maggiore rapporto con la community del vostro pubblico. I vostri lettori – l’indicazione dell’esperto – dovete tenerli sempre più legati a voi perché ci sarà sempre più bisogno di riferimenti autorevoli per l’informazione. E’ un passo avanti rispetto all’abbonato, è appartenenza, in un mondo social la community sarà decisiva”. Infine conversazione, ossia “entrare in dialogo”.

La condivisione, spiega ancora Bardazzi, “deve riguardare sempre più anche voi, dovete fare squadra”. Importante anche il data analytics perché “tutto questo mondo si basa su una sempre maggiore gestione dei dati. Per l’idea di community che uno deve sviluppare si ha a disposizione una valanga di dati, la loro analisi è strategica per immaginare che tipo di informazione fare (esigenze, abitudini, modalità di consumo dei lettori)” . Quindi, un’ultima annotazione: il deciso ritorno dell’audio in una realtà sempre più in mobilità. “L’avere sempre meno tempo a disposizione apre nuove possibilità all’audio, come la possibilità di leggere gli articoli con modalità arricchita, ossia accompagnati dai suoni collegati ai contenuti”.

La “disruption” (sconvolgimento) del giornalismo è avvenuta nel biennio 2006-2007 con l’apertura di Facebook, fino ad allora chiuso nelle università, al mondo (26 febbraio 2006), e il decollo degli aggregatori di notizie come Google news e Huffington Post. Bardazzi ha poi affermato: “Voi rappresentate una delle realtà più importanti dell’editoria italiana, sia per la qualità dell’informazione sia perché siete una palestra di giornalismo per i giovani professionisti, una palestra per il futuro della professione”. Delineando lo scenario odierno del giornalismo, l’esperto ha sottolineato che “lo sconvolgimento vero è stato rappresentato dal decollo dei social media”. Altro grande momento di svolta la trasformazione dei telefonini da semplici cellulari a smartphone, consentendo di accedere alla rete. “Nel gennaio 2007 Stev Jobs lancia l’Iphone e si capisce che occorre riunire tutte le funzioni in un unico strumento e per di più touch, per consentire la fruizione dei contenuti in modalità diverse”. Oggi, ricorda, “nel mondo si contano 3 miliardi di utenti Internet e 2 miliardi di profili attivi sui social”, mentre “nel giornalismo le tre parole del momento sono digital, mobile, sharing”. Per questo “l’informazione oggi deve essere multipiattaforma”. Bardazzi richiama anche Snapchat (valore 16 miliardi) e gli instant articles pubblicati direttamente su Facebook dal New York Times e da Repubblica “nella convinzione che sia importante legare le persone all’autorevolezza della testata portando i contenuti nei social e non chiedendo alle persone di uscire dai social”. “La lotta dei prossimi anni – avverte – sarà quella dell’attenzione delle persone raggiunte in ogni momento sui loro strumenti mobili”, e la sfida tra Facebook e Google è quella della rincorsa sui tempi, della velocità di consultazione. Terreno di confronto e scontro saranno i video. “Sono lo strumento più potente che abbiamo. Criticità ma anche opportunità per il nostro mondo”.

La crescita inarrestabile dei social media, l’incremento dei video, la tendenza a usufruire di notizie “scelte” da altri per i nostri dispositivi mobili. Sono, in estrema sintesi, i trend 2016 della comunicazione. I social media, ha  spiegato ancora Bardazzi, sono la principale fonte di news per i più giovani, ma la carta stampata resiste per le fasce di età più avanzata. Per molti Facebook è addirittura “sinonimo di Internet ed è quello che più sta cambiando lo scenario, ma YouTube resiste” mentre aumenta la diffusione di Whatsapp e di tutta la messaggeria istantanea con l’invio di video, foto e link. Il 36% degli utenti dei social, prosegue Bardazzi, gradisce che gli articoli che li raggiungono sui device mobili “siano scelti per loro in base a quanto letto precedentemente, il 30% si affida al giudizio di giornalisti e direttori, il 22% su contenuti usufruiti dagli amici”. Di qui l’interrogativo posto dall’esperto: “Dove va il dibattito democratico di un Paese se l’informazione sarà sempre più modellata sulla mia nicchia?”. Il 20% delle persone impugna lo smartphone appena si sveglia, nell’arco della prima ora il 90%, più della metà entro i primi 20 minuti. “Questo segnerà sempre più vita quotidiana”. Nei prossimi mesi sono attesi i primi smartphone con schermi pieghevoli, perciò più grandi e più fruibili, “che diventeranno l’avversario sempre più temibile di qualsiasi altra piattaforma” mentre Facebook “si confermerà luogo principe dell’informazione”. Da qui al 2021 previsto l’incremento dei video che costituiranno il 70% del traffico dati.

 

L’incontro organizzato dall’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali  è poi proseguito con un ampio dibattito, nel corso del quale è stato nuovamente ricordato che il lavoro proseguirà ancora, cercando di fornire per tutti (anche se a partire da un gruppo di lavoro più ristretto) qualche traccia di risposta di fronte alle gravissima crisi in cui le realtà editoriali diocesane sono immerse.

(con la collaborazione dell’Agenzia Sir)

 

 

Le slide di Bardazzi

Il testo dell'intervento di don Ivan Maffeis